Lo sapevi che le alghe non sono solo buone da mangiare, ma fanno bene sia agli ecosistemi terrestri sia a quelli marini?
Capiamo come insieme a Nikki Spil, proprietaria di The Seaweed Farmers e membro dell’amministrazione di Câr-y-Môr.
Câr-y-Môr è un allevamento di alghe e molluschi al largo della costa del Pembrokeshire, in Galles. È un’attività pionieristica nel settore: coltiva le alghe impiegandole in una vasta gamma di utilizzi e mira a ispirare le comunità costiere a investire nelle alghe come alternativa ecologica alla pesca.
Il nome dell’attività significa “per amore del mare”. Un amore che si manifesta attraverso una serie di pratiche rispettose dell’ambiente volte a creare circuiti positivi per il bene sia della terra che del mare: due ecosistemi profondamente interconnessi.
Come ti sei avvicinata per la prima volta alla coltivazione di alghe e perché?
«Sono nata e cresciuta nell’Olanda Settentrionale, nei Paesi Bassi, circondata dal mare. Fin dalla mia adolescenza mi sono dedicata alla pulizia delle spiagge vicino casa e la quantità di spazzatura che trovavo mi preoccupava terribilmente. Il mio turbamento, scaturito dalla situazione disastrosa che trovavo sulle nostre coste olandesi, è stato esacerbato dalla presenza di una grande acciaieria nei pressi del porto di Amsterdam, che stava inquinando le acque. A quel punto mi sono chiesta “Cosa posso fare per aiutare il nostro ecosistema?”. Così ho iniziato a studiare le alghe come sistema di filtrazione naturale.
I benefici del consumo di alghe per la salute sono ben noti, ma sono stata colta di sorpresa quando ho scoperto che le alghe coltivate nei mari intorno all’Olanda Settentrionale non erano adatte al consumo umano, a causa degli alti livelli di tossine che assorbono dall’acqua inquinata. È allora che ho iniziato a interessarmi a tutte le altre applicazioni possibili delle alghe, dal loro utilizzo come materiale per l’isolamento degli edifici al loro potenziale come biostimolante per le colture».

Cosa sono esattamente i biostimolanti?
«I biostimolanti sono sostanze che vengono spruzzate sulle colture per stimolare l’assorbimento dei nutrienti, migliorare la tolleranza allo stress e ridurre la necessità dell’uso di fertilizzanti. Come tutti i prodotti a base di alghe, sono estremamente vantaggiosi dal punto di vista ambientale, poiché le alghe vengono coltivate senza bisogno di terra o acqua dolce. E, utilizzando estratti di alghe piuttosto che altre forme di fertilizzante, possiamo anche ridurre la nostra impronta sulla terra e lo sfruttamento delle risorse idriche.
Come architetto di professione, mi sono messa in contatto con un socio e, insieme, abbiamo realizzato un progetto per una raffineria in grado di trasformare le alghe grezze in estratto biostimolante. Stiamo già lavorando con un coltivatore di tulipani nei Paesi Bassi che lo utilizza come fertilizzante. Ma le alghe possono fare molto più di questo: possiamo pressarle, usarle nello stampaggio a iniezione e creare, da esse, alternative alla plastica. Il loro potenziale è enorme».
E quindi come sei finita a lavorare con Câr-y-Môr?
«Mi sono approcciata a Câr-y-Môr perché stavano tentando qualcosa che mi interessava molto, ovvero la produzione di alghe su larga scala. Il loro obiettivo, infatti, era quello di aumentarne la produzione abbastanza da rendere le attività secondarie, come la raffinazione, economicamente accessibili.
Allo stesso tempo, sono stata attratta dalla prospettiva di allevare alghe in acque più pulite: perché la fresca corrente dell’Atlantico crea condizioni meravigliose per la crescita delle piante, il che le rende perfettamente commestibili».
Per quelli di noi che non hanno familiarità con la lingua gallese: cosa significa il nome?
«Si traduce approssimativamente in “per amore del mare”. Câr-y-Môr è un’azienda avviata da Owen Haines, che in precedenza era stato coinvolto nella gestione di allevamenti di acquacoltura in Scozia. Owen aspirava a un metodo di produzione di cibo più sostenibile e sapeva di un allevamento di granchi e aragoste a St. David’s, nel suo paese nativo in Galles, che avrebbe potuto prendere in gestione. Così, con l’ideazione di Câr-y-Môr, ha esteso l’attività all’allevamento di cozze, ostriche e, naturalmente, alghe.
Una cosa importante da sottolineare è che Câr-y-Môr è la prima coltivazione oceanica di proprietà della comunità del Galles: non si tratta semplicemente di un’attività a scopo di lucro, ma di una Community Benefit Society, con l’obiettivo di contribuire alla rigenerazione dell’ambiente costiero nel Pembrokeshire e del benessere della comunità, anche attraverso la creazione di posti di lavoro».
La conferenza: salviamo gli oceani, e loro salveranno noi – 2 giugno ore 15:00
Alla conferenza oltre a Nikki Spil, interviene l’Ocean Manager di Patagonia, Gabriel Davies. Due voci di grande risonanza internazionale che dialogheranno sulla biodiversità ittica, l’inquinamento oceanico e le campagne politiche attive per dare risonanza al ripristino della natura.
Parli delle alghe come di un sistema di filtrazione naturale. Anche le cozze e le ostriche svolgono un ruolo simile. Come si differenziano tra loro?
«Nella misura in cui alghe e molluschi costituiscono del cibo per l’uomo, sono simili in quanto il loro ruolo di filtri e pulitori del mare li rende inadatti al consumo umano. Questo perché i livelli di contaminazione e di inquinamento dell’acqua sono troppo alti.
Dobbiamo sempre tenere presente che le alghe sono piante, non animali: assorbono energia dal sole attraverso la fotosintesi ed estraggono anidride carbonica dall’acqua, producendo ossigeno utile sia per gli animali marini che per l’atmosfera. Inoltre estraggono nitrati e fosfati dall’acqua, che è ciò che li rende utili come fertilizzante sulla terraferma.
Anche i molluschi possono trattenere il carbonio nei loro gusci riducendo, in questo modo, l’acidità nell’acqua del mare. Sfortunatamente, però, gli alti livelli di anidride carbonica presenti nell’acqua limitano la loro capacità di crescere, innescando quindi un pericoloso ciclo vizioso. Il Mare del Nord sta diventando troppo acido, in parte proprio a causa della mancanza di molluschi. Le loro popolazioni sono state decimate dalla pesca intensiva, e questo contribuisce a incrementare l’acidificazione degli oceani. Ciò, a sua volta, ostacola la rinascita delle popolazioni di molluschi».
Ma invertire questa tendenza si può: in che modo?
«Ad oggi Câr-y-Môr dispone di una linea di produzione che realizza vasi da fiori biodegradabili con un sostituto della plastica a base di alghe. Stiamo lavorando con Notpla, un’azienda di Londra che ha fatto delle alghe la loro arma migliore contro il cambiamento climatico, producendo packaging alimentari sostenibili. Inoltre, stiamo studiando un’alternativa ecologica all’amianto da utilizzare come materiale da costruzione… Insomma i progetti ci sono, abbiamo solo bisogno di più alghe e coltivatori!».
Si tratta di una questione di volume: dobbiamo aumentare il numero di coltivatori di alghe. Forse è più facile a dirsi che a farsi.
«I potenziali coltivatori sono dissuasi dal farsi coinvolgere perché è estremamente difficile ottenere i permessi. In aggiunta, ogni metro quadrato del Mare del Nord è già stato occupato da parchi eolici e zone di pesca. Ma mentre ci stiamo muovendo verso un futuro in cui, purtroppo, ci saranno sempre meno pesci, e quindi meno pescatori, vorremmo prendere parte a un ripensamento del mare e riqualificare i pescatori come coltivatori di alghe e molluschi. Sarebbe un’evoluzione sia per l’ambiente, che per l’occupazione stessa».

Coltivare alghe sarebbe un inizio. Ma poi c’è la questione della raffinazione: molti degli utilizzi che hai descritto per le alghe richiedono impianti di raffinazione.
«Beh, in realtà non si ha bisogno di tante raffinerie quante sono le coltivazioni. Noi, ad esempio, coltiviamo 60 tonnellate di alghe all’anno a Câr-y-Môr, ma ci impieghiamo solo 27 giorni per raffinarle. Abbiamo quindi la capacità di raffinare i raccolti di molte altre coltivazioni… il problema è che siamo gli unici a coltivarle.
Le alghe stanno lentamente diventando una moda, ma meritano di essere prese molto più seriamente come soluzione a una varietà di problemi del sistema alimentare, sia sulla terra che in mare. Se usassimo fertilizzanti a base di alghe sulla terraferma, il deflusso agricolo non sarebbe così tossico per il mare. I bovini nutriti con mangimi a base di alghe diminuirebbero la produzione di metano e ridurrebbe la necessità di mais e soia importati. Come dicevo, tutto ciò di cui abbiamo bisogno è il volume».
Oltre a Slow Fish, a quali altre iniziative di comunicazione state partecipando per diffondere questo messaggio?
«Patagonia sta conducendo una campagna per promuovere una legge sul ripristino della natura a livello europeo e ha prodotto un documentario su una serie di organizzazioni, tra cui Câr-y-Môr, che stanno già lavorando per ripristinare l’ecosistema naturale. Abbiamo un desiderio comune: vogliamo che la lobby ittica ripristini ciò che ha danneggiato, ripristini la salute dei banchi di ostriche e dei mitili nel Mare del Nord e ripianti le praterie di posidonia. Il documentario dovrebbe uscire già il mese prossimo».
di Jack Coulton, info.eventi@slowfood.it